venerdì 25 ottobre 2013

Il rovescio del Tao. Un libro per vincere la paura del diverso.


“Il rovescio del Tao” è il romanzo scritto da Francesca De Luca. Originaria di Chioggia, giornalista che scrive per “corriereimmigrazione.it”, giornale specializzato appunto sulle tematiche dell’immigrazione. Laureata all’Università Ca’ Foscari. I protagonisti del libro sono Alice, di origine ghanese e quindi di pelle scura e che rappresenta la parte nera del Tao e Leonardo, italiano, bianco che quindi rappresenta la parte bianca del simbolo orientale. Solo che questa volta il personaggio positivo è quello rappresentato dal nero mentre il personaggio di pelle chiara, il bianco è il negativo. Ed ecco che si spiega il titolo: «Il romanzo ha una storia particolare – ci ha raccontato Francesca in radio - l’ho scritto quando avevo diciannove anni, perché avevo visto che c’era un concorso letterario, indetto da Editore Firenze Libri che invitava i giovani scrittori a presentare delle opere inedite. 

Quindi ho scritto questo testo ma però non l’ho inviato perché non mi convinceva. E’ stato inviato da un’altra persona senza che io lo sapessi. Qualche mese dopo è arrivata la lettera di Firenze Libri che mi invitava a pubblicarlo ma non l’ho voluto pubblicare. Dopo un anno e mezzo circa mi è ritornata la proposta di Firenze Libri perché erano successi dei fratti di cronaca che si collegavano a quello che io avevo scritto in questo romanzo. Perché il romanzo è una storia di incontro di culture diverse, di persone provenienti da luoghi diversi». Era infatti il periodo delle Ronde, del controllo del territorio, dell’espandersi della paura del diverso soprattutto nel Trevigiano, nelle zone dove era prevalente l’idea leghista. E’ un libro scritto in modo scorrevole destinato prevalentemente ad un pubblico adolescente. «Ho sempre avuto la passione per la scrittura ed ho sempre scritto romanzi brevi, i miei temi erano molto prolissi. E’ una passione però che ho sempre coltivato in maniera individuale, nel senso che non ho mai scritto al fine di pubblicare. In genere scrivevo romanzi brevi per lo più a sfondo sociale. Quindi con romanzi che si riferivano al contesto politico, socioculturale del momento, della contemporaneità che non li rendeva molto piacevoli nel senso che di solito le mie storie finivano sempre malissimo. Questo romanzo invece ha un finale aperto, quindi è un po’ più ottimista. L’ho scritto perché mi rendevo conto che intorno a me c’era molta paura del diverso, senza capire chi era il diverso, quindi xenofobia diffusa, difficoltà ad incontrare il prossimo. Quindi ho avuto la necessità di lanciare un messaggio ai giovani, miei coetanei: guardate che la realtà si può raccontare in modo molto diverso ed ogni persona ha qualcosa da dire, da raccontare, nel bene o nel male». Tra gli autori preferiti di Francesca ci sono Calvino, Pasolini e Sascia e poi Voltaire e Rousseau. La copertina del libro ritrae l’ombra della stessa autrice mentre con delle bolle di sapone tenta di sconfiggere un mostro immaginario. La foto è opera di Massimo Fabbris un fotografo di Chioggia. L’interesse per l’immigrazione è legata alla sua voglia di scoprire, di conoscere chi è diverso, di avvicinarsi senza timore. Poi una svolta in questo senso ce l’ha avuta anche per motivi di lavoro: «Mi sono occupata dei richiedenti Asilo Politico per più di un anno all’interno del progetto Nord Africa mi hanno portata ad interrogami maggiormente su questa tematica, cambiando anche punto di vista e prospettiva non interrogandomi solo sul perché vengono ma anche sul chi sono. Purtroppo si parla di immigrazione solo quando diventa un problema come abbiamo visto con i recenti fatto di Lampedusa».

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